LA CHIESA

LA CHIESA DEL CARMINE MAGGIORE

nell’antico storico mercato di Ballarò


Le origini della Chiesa risalgono all’arrivo dei Frati Carmelitani a Palermo, provenienti dal Monte Carmelo, in Palestina, nell’anno 1235.
Nel XIII secolo, in questo quartiere, Albergheria, uno dei cinque quartieri normanni, si chiama cosi perchè vi vennero trasferiti da Federico II gli abitanti ribelli di Centorbe e Capizzi; secondo altre fonti potrebbe invece significare “terra a mezzogiomo”, da Albahar o Albergaira, abbiamo la presenza dei frati carmelitani.
Nel bel mezzo del mercato di Ballarò (nome di origine incerta, probabilmente il nome prende da un villaggio arabo nei pressi di Palermo, dal quale provenivano merci pregiate e spezie), la tradizione attribuisce all’Ordine Carmelitano la costruzione di tre chiese in epoche diverse e nella stessa ubicazione.

LA CAPPELLA DELLA PIETÀ

(a discrezione del Rettore, dopo le liturgie, la Cappella viene aperta ai visitatori)

Nell’area dell’altare della Madonna del Carmine (lato destro), vi è una porta che incede nell’antica Cappella della Pietà.
La Cappella la cui origine, afferma il Mongitore, affonda nel XII secolo e, in epoca successiva, fu donata ai Carmelitani.
La tradizione vuole che questa prima cappella, nel XII secolo, sia stata donata dalla Contessa Adelasia, Regina di Gerusalemme, ai romiti che “seguivano le orme del profeta Elia” sul Monte Carmelo.
La Cappella presenta “linee” di due epoche diverse: la prima, proprio del sec. XIII, riguarda gli archi a tutto sesto ed in stile romanico che sostengono il soffitto; una seconda concerne i costoloni del soffitto in perfetto stile gotico e con il caratteristico Agnus Dei nella chiave pensile dì epoca successiva.
All’interno troviamo gli affreschi del Redentore e dei profeti Elia ed Eliseo.


LA CHIESA DELL’ANNUNZIATA
A ridosso della Cappella della Pietà, diventata angusta per il culto, fu costruita dai Frati nel 1243 una seconda chiesa. La dedicarono alla SS. Annunziata, come tutte le prime chiese fondate dai Carmelitani in Occidente, per il forte legame che essi avevano con Nazaret, luogo della casa della Madonna e dell’annuncio dell’Incarnazione del Cristo.
Essa successivamente fu chiamata anche Madonna del Carmine.
Questa seconda chiesa aveva un’orientazione opposta all’attuale: l’ingresso si trovava al posto dell’attuale abside e relativo coro (nell’attuale Via Angelo Musco).
Di essa rimangono i ruderi a fianco destro dell’attuate chiesa, all’interno della cappella di Gesù Bambino, le due colonne lungo il portico del chiostro.

LA CHIESA ATTUALE
La costruzione dell’attuale chiesa viene condotta dal 1627 al 1693, con alcune soste intermedie.
La chiesa si presenta a pianta basilicale, a croce latina con tre navate, sorretta da 12 colonne in pietra di Billiemi (dal monte omonimo a nord-ovest di Palermo) e capitelli dorici.
Nella navata principale, su soffitto, possiamo ammirare “il dono dello scapolare”, opera del Sac. Giovanni Patricolo (sec. XIX).


L’ABSIDE
Sullo sfondo abbiamo un alto rilievo lavorato a stucco e legno dorato, riproduce su una raggiera di luce l’Agnello di Dio ritto e vittorioso sul Libro sacro coi sette sigilli (cfr. Ap 5,1-8).
In basso è collocato il coro monastico in noce, scolpito nel 1674, da uno scultore siciliano.
Dietro l’altare una lastra marmorea chiude la sottostante cripta usata come sepoltura del frati.
Alle pareti del presbiterio sono appesi due opere di Tommaso De Vigilia (1490), raffiguranti S. Angelo martire e S. Alberto degli Abati, carmelitani. Qualcuno attribuisce le due opere, del sec. XV, a Pietro Bottolone della scuola del  De Vigilia.

L’ALTARE MAGGIORE
L’altare e la balaustra sono con marmi siciliani, mischi e policromi. L’altare costruito nel 1622 è stato rinnovato nel 1802. E’ ornato con statuine a rilievo in legno dorato raffiguranti i diversi sacrifici nell’Antico Testamento. Mentre in basso, al centro, è raffigurato “Gesù a mensa coi discepoli di Emmaus” e ai lati i quattro Evangelisti.

LA CUPOLA
Costruita nel 1680 grazie all’impegno di Fra Angelo La Rosa, Religioso fratello, carmelitano. Essa s’innalza su tre ordini: tamburo, volta e lanternino.
I pilastri sono ornati da quattro statue di stucco del 1681 e raffigurano: Mosè, S. Elia, profeta, S. Giovanni Battista e Giona opera di Vincenzo Messina.
La parte interna della volta è rivestita di stucchi ornamentali con festoni di fiori e frutta. Le quattro finestre sono ornate di putti, vasi e fiori in stucco.

 

La parte esterna è cosi ricca e singolare da renderla unica non solo a Palermo, ma in tutta la Sicilia. Si sviluppano quattro coppie di colonne scanalate di pietra con capitelli dorici intramezzati da quattro grandi cariatidi (o telamoni): quattro uomini goffi e muscolosi in atto di reggere la cupola.
La cupola, poi, tutta convessa è rivestita da maioliche smaltate i cui colori richiamano il mondo arabo.
Essa è divisa in quattro sezioni o punti cardinali ove viene messo in evidenza lo stemma carmelitano.
In alto è sormontata da un cupolino, la palla e la croce.

LO STEMMA DELL’ORDINE CARMELITANO
Nella nostra chiesa, davanti l’altare maggiore (anche all’esterno sulla cupola e nelle colonne del chiostro), è visibile lo stemma dell’Ordine Carmelitano.
La sua prima raffigurazione  appare per la prima volta nel 1499, nella copertina di un libro sulla vita di S.  Alberto. Ivi il simbolo grafico appare sotto la forma di un “vexillum” (insegna, stendardo, bandiera), che poi andò modificandosi nei dettagli attraverso il passare del tempo fino ad assumere l’attuale forma di scudo araldico.
Varie interpretazioni si sono date nel tempo. Qui di seguito esponiamo quanto ci sembra più veritiero in base alle fonti storiche e più autorevoli.
Nello scudo carmelitano ufficiale troviamo due elementi fondamentali: una montagna stilizzata, il cui vertice proiettalo nel cielo, presenta i lati rotondati; e tre stelle d’oro a sei punte, di cui una al cento della montagna e le altre due disposte simmetricamente nel cielo, a destra e a sinistra dei lati della montagna. Appare chiaro il riferimento al monte Carmelo, luogo di origine dell’Ordine Per quanto riguarda le stelle, la raffigurazione più comune dice che la stella inferiore è la Vergine Maria Stella del mare, e le due stelle superiori i profeti Elia ed Eliseo. Secondo questa interpretazione esse quindi simbolizzerebbero l’indole mariana dell’Ordine e la sua origine eliana.
Questa interpretazione si base sull’evoluzione storica dello scudo. Nel ricordato primo scudo o “vexillum” ( 1499), non appaiono le stelle, ma nella parte superiore centrale si vede la Vergine dell’Apocalisse in una mandorla di luce, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle in testa. Nella parte inferiore al centro appare una montagna stilizzala (= monte Carmelo). A sinistra ella parte superiore vi è un’iscrizione: “Sum Mater et Decor Carmeli” (Sono la Madre e il Decoro del Carmelo). Nell’altro lato vi è un’altra iscrizione: “Elias et Eliseus prophetae, duces Carmelitanum” (Elia e Eliseo profeti guide dei Carmelitani).
Vogliamo ricordare che inizialmente le stelle dello stemma erano figurative. Al centro vi era la Vergine dell’Apocalisse rivestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e con in capo una corona di dodici stelle. Mentre per le due stelle, vi era solo la scritta: “Elia ed Eliseo Profeti, duci dei Carmelitani”
Ancora una ulteriore interpretazione:
Una montagna
Una montagna stilizzata di colore marrone, con i lati arrotondati, il cui vertice si proietta nel cielo. Riferisce al monte Carmelo, luogo di origine dell’Ordine Carmelitano.
Il monte Carmelo si trova a Haifa in Israele. Nel IX secolo avanti Cristo, qui visse il profeta Elia. Nello stesso luogo, sul finire del XII secolo dopo Cristo, alcuni eremiti, ispirati da Elia si sono radunati “per vivere nell’ossequio di Gesù Cristo” (Regola Carmelitana n. 2).
Tre stelle
Tre stelle a sei punte, di cui una d’argento al cento della montagna e le altre due d’oro disposte simmetricamente nel cielo di colore bianco, a destra e a sinistra dei lati della montagna. La stella inferiore rappresenta i Carmelitani ancora in cammino verso la vetta del monte Carmelo mentre le due stelle superiori rappresentano i Carmelitani che hanno terminato il loro cammino e “hanno raggiunto felicemente la santa montagna” (Missale Carmelitano, 1980, Colletta della Solennità della B. Vergine Maria del Monte Carmelo).
Una corona
La corona d’oro rappresenta il Regno di Dio. Lui è il Sovrano supremo del Carmelo. Infatti i Carmelitani cercano “di servire fedelmente a Lui con cuore puro e con buona coscienza” (Regola Carmelitana n. 2) e ritengono la loro vocazione “a radicare e consolidare negli animi il Regno di Cristo e a dilatarlo in ogni parte della terra” (Costituzioni O.Carm., n. 5). Nel compiere questo servizio verso Dio i Carmelitani si ispirano alle figure del profeta Elia e della Vergine Maria (cf. Costituzioni O.Carm., n. 25).
Un braccio con una spada di fuoco e un cartiglio con citazione biblica
L’origine eliana dell’Ordine è simboleggiata con il braccio di Elia, tenendo una spada di fuoco, e un cartiglio con la scritta in latino: “Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum” (Sono pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti [1 Re 19,10]). Il braccio e la spada mostrano, anch’essi, la passione ardente di Elia per l’assoluto di Dio, la cui “parola bruciava come fiaccola” (Sir 48,1).
Per i Carmelitani “Elia è il profeta solitario che coltiva la sete dell’unico Dio e vive alla sua presenza” (Costituzioni O.Carm., n. 26). Come lui, essi portano “la spada dello spirito, che è la Parola di Dio” (Regola Carmelitana n. 19).
Dodici stelle
L’indole mariana dell’Ordine è simboleggiata nelle dodici stelle che ricordano l’apparizione della “donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).
Nella Vergine Maria, Madre di Dio, “i Carmelitani trovano l’immagine perfetta di tutto ciò che desiderano e sperano di essere”. Per loro Maria è Patrona, Madre e Sorella (cf. Costituzioni O.Carm., n. 27) ed essi sono “i fratelli della beata Vergine Maria del Monte Carmelo” (Costituzioni O.Carm., n.6).
Simboli aggiuntivi
In varie Province dell’Ordine, già dal secolo XVII, si aggiunge una croce al vertice della montagna: ad esempio nella Provincia di Castiglia in Spagna (e i Carmelitani Scalzi fin dal secolo XVII). La Provincia di Sicilia poneva la croce della Terra Santa. Altre volte si trovano ai lati della montagna un giglio e una palma, simboli che rappresentano Sant’Alberto di Trapani e Sant’Angelo – i primi due santi dell’Ordine Carmelitano.
 

LE CAPPELLINE DEL TRANSETTO

Originariamente ce ne stavano di più. Oggi abbiamo:

1. Cappella di Gesù Bambino (lato sinistro)
Una volta era l’antico passaggio alla sagrestia. Nel 1727 fu soppresso per farvi una cappella “deposito” per il simulacro argenteo della Madonna del Carmine.
La cappella fu costruita nel 1855, grazie a un benefattore che diede una piccola statuetta di Gesù Bambino racchiusa in una custodia a mo’ di tempietto chiusa con vetro e ornata dalle cornici in legno lavorato dalle linee doriche. Il Priore Provinciale del tempo, p. Elia Gullotta, a sue spese fece costruire l’altare .
L’altare marmoreo nel suo frontale è costituito da una tavola-paliotto in finto marmo, rimossa la quale, si presenta un grande presepe.
La teca, contenente la Sacra Immagine di Gesù Bambino, donata dalla Famiglia Fuschi Giovanni, è di recente manifattura (A.D. 2015). Opera della Ditta “Domus Artis” di Palermo e del Maestro Criscionè.

Sopra l’altare abbiamo un quadro dell’Immacolata di autore locale del XVIII-XIX secolo.

 

2. Cappella dell’Immacolata (lato destro)

In origine era il passaggio all’antico convento (si notano i segni dell’antica porta).
Nel 1856 fu chiuso e venne costruita la cappella dedicandola all’Immacolata, effigie che veneriamo dentro la nicchia di legno dorato, nell’altare marmoreo. Due angioletti reggono il monogramma.
L’opera lignea si vuole attribuire a Girolamo Bagnasco.

LE CAPPELLE DELLA NAVATA SINISTRA

1. Cappella della MADONNA DEL CARMINE (nel transetto)
In essa, come in quella del Crocifisso, troviamo delle colonne tortili che riportano nella parte superiore ornamento in stucco di fiori, fogliame e figure umane; nella parte inferiore, delle scene della vita della Madonna.
In alto la statua di Dio Padre in mezzo al papi Dionisio e Benedetto V, rispettivamente con in mano uno la croce e l’altro la tiara.
Tutto il lavoro in stucco, fu eseguito dai fratelli Giuseppe e Giacomo SERPOTTA nel 1684, che esordirono per la prima volta, con la lavorazione in stucco, in questa chiesa.
All’altare troneggia la Madonna del Carmelo “circondata” da scene di vita dei primi Carmelitani (sul Monte Carmelo, l’approvazione della Regola, la venuta in occidente, la liberazione delle anime dal Purgatorio, ecc.). Essa è opera di Tommaso De Vigilia datata 1492.
La tela era collocata nella precedente chiesa.

 

2.  Cappella della NATIVITA’ o di S. GIUSEPPE

Nell’altare in marmo policromo è presente una tela risalente ai secc. XVI-XVII di autore ignoto così come è stata classificata tra le opere d’arte nel 1993. Alla fine del secolo scorso (XX) “La tela è stata identificata da Mariny Guttilla con la ‘Nascita quadrone nel Carmelo’ attribuita da Agostino Gallo a Gioacchino Mercurio (Palermo 1758ca. – 1808 ca.)” (Palazzotto Pierfrancesco).
La tela è collocata chiusa in una cornice di stucco indorato formato da doppie lesene scanalate, dal capitello corinzio e coronata dal timpano triangolare ornato, a sua volta, da angioletti. Essa raffigura la Vergine Maria che tiene adagiato fra le proprie braccia il divin Pargoletto e un angelo sul suo capo riporta un cartiglio con le parole: “Gloria in excelsis Deo”. Alla sinistra della Madonna è S. Giuseppe mentre i pastori sono prostrati attorno in atto d’adorazione.
La Cappella è chiusa da una balaustra in marmo cipollino ed apparteneva alla Famiglia Scuderi-Riggio.

 

3. Cappella del SACRO CUORE.
Originariamente questa cappella era dedicata a Sant’Angelo, martire carmelitano, ove il Santo era raffigurato in una tavola del 1529.
Oggi prende il nome dal simulacro del Cuore di Gesù racchiuso in una nicchia.
Sulle pareti abbiamo due tele raffiguranti la vita del profeta Elia. Nella parete di destra, S. Elia destato dall’Angelo che lo invita a mangiare e bere e proseguire il suo lungo cammino.
Sulla parete sinistra, invece, S. Elia che intravede la “nuvoletta, come mano d’uomo, che sale dal mare”.
La tradizione dei Padri ha letto in quella nuvoletta l’Immacolato concepimento della Madonna e che porta in sè Cristo Pantocrator, Colui che tutto crea e che è la fonte di ogni grazia.
La Cappella apparteneva alla famiglia Valguarnera.
4. Ex cappella del BEATO FRANCO da Siena

Appartenuta alla nobile famiglia Giuffredi della quale si scorgono due stemmi marmorei, fra cui è incastrata una piccola nicchia che conteneva le reliquie di S. Alberto degli Abati.

Nella parete opposta, vi è un’acquasantiera, risalente al 1300, di marmo bianco con la vaschetta a forma di conchiglia sostenuta da una colonna tortile ornata da testine di angeli alati e da cordoni, sia all’estremità che alla base.
In alto, a destra, una lapide ricorda il parroco di San Nicolò all’Albergheria, Don Domenico Pizzoli, per avere custodito la chiesa durante la soppressione.

5. Cappella di S. SPIRIDIONE.
La Cappella è del sec. XVII. Una volta questa era la cappella della Madonna delle Grazie, della quale, oggi, non abbiamo più traccia. Essa proveniva dall’antica cappella e nel 1665 veniva posta in questa sua nuova cappella.
In seguito, fu chiamata di S. Anna per via della grande devozione riscossa. Successivamente fu destinata a S. Teresa del Bambin Gesù (oggi collocata in una nicchia nell’altare della Madonna dell’udienza).
L’altare presenta una lavorazione di marmi mischi, due colonne tortili e policrome e balaustra che vanno ad adornare la marmorea parete intarsiata e policroma.
L’opera fu eseguita da Francesco e Gerardo Scuto nel 1667.Sulla parete sinistra troviamo la statua lignea di S. Elia, scolpita poco prima del 1668, proveniente dalla successiva cappella.
Sulla parete destra troviamo il monumento, in marmo bianco, di don Giacomo La Matina, Dottore in Sacra Teologia.
Il quadro posto al centro dell’altare ritrae S. Spiridione, vescovo orientale di Tremitunte (Cipro).
6. Ex Cappella S. ELIA.
Dal 1855 la Cappella si presenta, nel corso dell’anno, chiusa da una grande porta in legno. All’interno si conserva, con cura, il simulacro argenteo della Madonna del Carmelo.
La statua lignea del 1598, è stata rivestita d’argento dall’artista Giuseppe Castronovo nel 1729.
All’interno, ci sono ancora delle tracce della vecchia cappella e si possono ammirare delle pitture moderne.

 

LE CAPPELLE DELLA NAVATA DESTRA
1. Cappella SS. CROCIFISSO (nel transetto)
Una struttura quasi identica a quella della cappella della Madonna (lato opposto), con gli stucchi dei fratelli Serpotta. In alto le statue di due papi: S. Telesforo che tiene in mano un calice e S. Zaccaria.
Tra le colonne tortili, i Serpotta hanno raffigurato scene della Passione di Gesù. I lavori sono del 1684; infondono leggiadria d’espressione e pregevole finezza d’arte.
Al centro c’è il Cristo crocifisso scolpito in legno, poggiato su di un drappo dorato e disegnato a fiori.
L’opera è attribuita a Girolamo Bagnasco.
Ai piedi del Crocifisso vi è un ovale raffigurante l’Addolorata. Una volta vi era collocata la statua che oggi è collocata, in fondo alla chiesa, in una custodia lignea.

2. Cappella MADONNA DELL’UDIENZA
Secondo un’antica tradizione carmelitana, il titolo nasce dal fatto che, dopo la Pasqua, la Vergine Maria “dà ascolto” (da qui il termine udienza) alle suppliche dei suoi fedeli.
Queste preghiere vengono fatte per sette mercoledì, celebrati dopo la Pasqua in attesa della Pentecoste.
Il simulacro della Vergine Maria dell’Udienza è ornato da pilastrini tortili dal capitello dorico inquadranti all’interno la statua di marmo bianco di Carrara, raffigurante la Madonna con in braccio il Bambino Gesù, opera di Domenico Gagini (1456 -1571). Alla base si scorge scolpito lo stemma dell’Ordine Carmelitano.
Sulla parete sinistra si osserva un tumulo in cui sono sepolti alcuni membri della famiglia Meneces.
Nelle pareti, due tele raffigurano la Natività di Gesù e l’Assunzione della Vergine Maria al cielo.
3. Cappella S. CATERINA D’ALESSANDRIA
La cappella inizialmente dedicata a S. Maria Maddalena de’ Pazzi, successivamente prende il nome della martire alessandrina S. Caterina il cui simulacro, scolpito in marmo bianco di Carrara, è opera di Antonello Gagini.
La martire è rappresentata in atto di schiacciare con il piede una testa virile e barbuta, simbolo dell’eresia, da Lei combattuta fino al martirio, rappresentato nella ruota dentata posta al suo fianco sinistro.
Sul piedistallo vi è riportata la data 1521 sormontata dallo stemma carmelitano. Il Simulacro era collocato nella precedente chiesa.
Nella volta e ai lati affreschi sulla storia di S. Elia profeta (la vocazione di Eliseo, salita in cielo sul carro di fuoco; la “nuvoletta” di Elia).
La cappella è adornata da stucchi, attribuiti al Serpotta da Donald Garstang.
La cappella è chiusa da una balaustra di marmo giallo; apparteneva alla famiglia Cipolla.
4. Ex cappella S. ALBERTO.
Era dedicata fino al 1884 a Sant’Alberto. Conseguente a tale data fu il suo disfacimento per dare origine a una porta laterale, attualmente tamponata.
Sulle pareti laterali sono eretti due monumenti sepolcrali di cui quello di destra è finto e quello di sinistra racchiude le ceneri di G. B. Rosselli-Parigi (Cappella della famiglia Rosselli).
Dall’anno 2000 conserva il simulacro del Beato Franco da Siena, carmelitano.

5. Cappella delle Sante MARIA MADDALENA DE’ PAZZI e TERESA D’AVILA.
La cappella prende il nome dal quadro in essa riposto. Il dipinto raffigura la Madonna del Carmine con le Sante Teresa D’Avila e Maria Maddalena de’ Pazzi, due grandi mistiche del Carmelo.
L’opera è del XVII secolo. Diversi autori l’hanno attribuito a Giacomo Lo Verde, trapanese, discepolo di Pietro Novelli.
Le pareti sono adornate di due tele anteriori al 1715. Nella parete di destra è raffigurato S. Brocardo in atto di imporre la veste monacale a S. Angela, regina di Boemia. Sulla parete di sinistra abbiamo la Vergine Santissima che appare a S. Pier Tommaso e gli predice la perpetuità dell’Ordine Carmelitano.
La Cappella apparteneva alla famiglia Lusinno.

 

6. Cappella S. ANDREA CORSINI
La cappella è dedicata al Santo carmelitano, vescovo di Fiesole (FI), Andrea Corsini (1301-1373), raffigurato nel quadro ad olio, dove appare genuflesso ai piedi della Madonna.
La tela del 1630 è opera di Pietro Novelli, detto il monrealese.
La parete di destra è ornata da una tela raffigurante S. Biagio e in quella di sinistra troviamo una tela raffigurante S. Calogero.
La Cappella apparteneva alla famiglia Hernandez – Vallegio.


 

L’ORGANO
Le notizie sull’organo vanno fatte risalire, secondo la documentata monografia de “Il Carmelo Palermitano” del p. Carmelo Nicotra, a partire dal 1620, quando i libri delle spese del convento registrano qualche voce relativa allo strumento.
Nel 1856 venne trasformato, voluto dal p. Angelo Amoroso, per mezzo dell’organaro Salvatore Brioletta.
L’organo si presenta in due corpi situati sulle tribune del transetto, a destra e a sinistra dell’altare maggiore.
La consolle congiunge i due organi mediante trasmissione elettrica.

È da notarsi che il grand’organo, sito nella tribuna a “cornu Evangelii”, è quello antico e conserva le preesistenti strutture artistiche, comprese la tastiera e la trasmissione meccanica, alla quale però è stata aggiornata quella elettrica.
L’organo espressivo, nella tribuna a “cornu Epistolae”, è di nuova costruzione e il prospetto, per la simmetria del disegno, è stato fedelmente riprodotto da valenti artigiani di Palermo.

 

LA SAGRESTIA
Inizialmente la sagrestia era accanto all’odierno coro. Nel 1855, ricavando spazio dal convento (quattro celle e corridoio), si ottenne l’attuale sagrestia.

In essa troviamo un semplice armadio in mogano (XIX sec. di Gioacchino Valenti) che poggia sulla parete che sporge nell’antistante Piazza del Carmine.
Su un altare marmoreo settecentesco, una tela raffigurante la Madonna dell’Itria, opera di Giuseppe Alvino (sec. XVI). La tela racchiude la Madonna incoronata dagli angeli trasportata da due monaci e ai piedi S. Alberto con il giglio in mano e S.Benedetto Abate (?).

Un’altro dipinto orna la sagrestia. Esso raffigura l’Immacolata circondata da angeli. L’autore è della scuola siciliana del XVII secolo e risente di motivi novelleschi.

Ornano la parete sporgente la chiesa due paliotti del XIX secolo: uno di manifattura siciliana e l’altro di manifattura italiana; un crocifisso (XVII sec., anticamente al centro dell’abside della chiesa).
Un lampadario a diciotto braccia di bottega artigiana del 1859 e una statua del Cristo risorto in legno (XVII-XVIII sec.) a grandezza naturale, completano l’ornamento artistico.

IL CAMPANILE
Dal piano del chiostro si può ammirare il campanile (insieme alla cupola). Della storia del campanile si conservano poche notizie. Quello che il visitatore osserva non è l’originale. Prima ne sono esistiti altri due (o tre), ma si sconoscono le linee architettoniche.
Le notizie del primo campanile risalgono al 1620. Costruendo la nuova chiesa, il campanile fu rifatto e precisamente verso la fine del 1670.
Nel 1740 si fanno spese per la costruzione di un terzo campanile.
Si è a conoscenza che anche questo campanile venne demolito e nel 1883, venne ricostruito nelle semplicissime e rustiche linee attuali.

 

IL CONVENTO

È stato costruito tre volte in otto secoli: nel 1200, nella prima metà del 1500 e a ridosso di quest’ultimo l’ultima costruzione nel 1938 (oggi quest’ultima è adibita a Casa di Accoglienza).
Il convento è chiamato «Carmine Maggiore» per il fatto di essere stato fondato per primo, ma anche perché il più grande e più importante tra gli altri cinque conventi esistiti in città.

IL CHIOSTRO
 
Il chiostro è legato alla seconda costruzione del convento. Epoca cinquecentesca con colonne in marmo bigio dai capitelli Ionici. In ogni capitello è riprodotto uno stemma. In essi è scritto il nome della famiglia o di frati benemeriti che hanno contribuito alla costruzione del chiostro.
Nel XX secolo il chiostro fu restaurato e, parte delle colonne, sono state ricostruite.

Al centro del chiostro, sul portico meridionale, si conserva un portale in marmo; esso riporta le linee architettoniche dell’antico convento del 1500. Nel suo arco si scorgono tre stemmi gentilizi-carmelitani.
A testimonianza, sopra l’architrave, viene riportata una data: 1582.